Da Pemba, con la vita rinnovata
Inserita il: 15/10/2016
6 commentario(i) ...
Erica Canova, 19 anni, di Andorno Micca, è da poco rientrata da un anno trascorso a Pemba come missionaria fidei donum laica inviata dalla Diocesi di Biella nella missione delle Suore di Gesù Buon Pastore - Pastorelle, Mozambico. Di seguito le sue parole al termine di un’esperienza che ti cambia la vita.
Perché una ragazza di vent’anni dovrebbe partire per un anno in Africa? Beh, credo che una motivazione universale non esista, ma io sono partita perché sentivo che mancava del “sapore” alla vita Italiana che stavo facendo, un “sapore” che avevo solo assaporato un po’ nella mia prima esperienza di un mese in Mozambico.
La prima volta che sono arrivata a Pemba (città nel nord del Mozambico), avevo 17 anni. Eravamo due gruppi, uno che veniva da Verona e uno da Biella, città in cui sono nata. Siamo stati accolti, oltre che da una pioggia tipicamente biellese che ci siamo portati dietro, nella missione delle Suore di Gesù Buon Pastore, dette Pastorelle. Quel solo mese ha segnato in modo indelebile la mia vita, diventando la causa di molte decisioni che poi avrei preso nei tre anni a seguire.
L’estate successiva invece, con 18 anni, sono andata nella Missione del Centro Missionario di Biella, in Argentina. Questa volta l’esperienza fu un po’ più lunga e quindi anche più intensa, 3 mesi nella grandissima periferia di Buenos Aires, portando il nostro piccolo aiuto in un “comedor” (mensa del povero) e imparando a vivere nella condivisione nel piccolo quartiere in cui abitavamo.
Anche questa volta però non mi bastava, tre mesi risultavano sempre troppo pochi ed è stato proprio in questo tempo che ho iniziato a capire che un desiderio più profondo stava crescendo dentro di me. La chiamata del Signore si è fatta sentire subito e chiaramente, appena arrivati in Italia, quando vedendo il direttore del Centro Missionario, con le lacrime agli occhi gli ho detto che questa non era la mia casa e che volevo tornare in Mozambico. Così è poi stato. Appena finite le superiori, dopo un percorso di preparazione, sono partita come laica fidei donum per Pemba, dove le Suore Pastorelle mi hanno accolta nella loro comunità.Per lo più mi sono inserita nel “Centro di accoglienza Maria Madre del Buon Pastore” e nell’oratorio. Ogni esperienza fatta in quella terra è stata per me una sfida, un momento di apprendimento, un momento di gioia e arricchimento. Non è stato facile inserirsi in una realtà così difficile. Non è stato facile capire in che modo dovevo mettermi a servizio e dare un po’ di me alle persone con cui entravo in contatto. Ovviamente la realtà, la cultura, sono totalmente differenti. Bisogna imparare ad azzerare un momento la propria cultura per accogliere pienamente quella nuova in cui ti trovi e poi solo dopo, successivamente, iniziare a trarre i lati positivi e i negativi delle due. Non è stato facile entrare nella loro realtà e lasciare da parte i giudizi che uno si porta dietro dalla propria, perché anche se quando vai in terra di missione tu non hai la minima intenzione di giudicare, poi di fatto è quasi involontario. Mi ci è voluta molta pazienza, perseveranza, attenzione, curiosità, intraprendenza, ricerca e molto altro ancora, per riuscire a trovare piano piano il mio posto in quel mondo e in quel popolo. Tutto questo è stato possibile solo quando ho iniziato ad amare per davvero. Senza l’amore per quelle persone e per la missione, non ci sarei mai riuscita.Quando tu parti dall’Italia, hai solo voglia di aiutare, aiutare quel povero di cui hai così tanto sentito parlare e anche un po’ toccato nelle esperienze precedenti. Quando sei giù però, dopo che con quel povero inizi ad avere più che un rapporto di cordialità e magari di assistenza, quando cerchi invece di camminare con lui, imparando a conoscerlo, imparando a conoscere la sua storia e cultura che comunque anche se affascinante, un po’ sempre inaccessibile e senza senso per te, inizi a renderti conto che amare questo povero è più complicato. Che prima, ne eri solo innamorata e come in ogni fase di innamoramento, l’avevi anche un po’ idealizzato. E quindi che fai quando scopri che non è tutto così rose e fiori? Molli? No… e come fai a mollare? Insisti e davvero, inizi ad amarlo, accogliendo tutto, aprendo tutte le porte, anche quelle del tuo cuore, anche se ti farà soffrire, ma le apri e con lui impari a camminare anche tu.
Sono certa che un’avventura è anche stata per loro, una ventenne bianca, con una grande curiosità, che a volte sembra una ragazzina per davvero e altre volte un’adulta. Una ventenne che dedica per un anno la sua vita a loro senza essere una consacrata, ma anzi, una giovane che ancora deve iniziare l’università e che nemmeno sa ancora bene chi vuole diventare e essere nella vita.
Questo è stato per me un anno incredibile, dove la ricerca di me stessa, dell’altro e del Signore hanno segnato ogni mio giorno e ancora lo stanno segnando.
Ho imparato a non cedere alla tristezza e alla mediocrità, ho imparato che prendersi troppo sul serio non va bene. Che la perfezione è solo di Dio e che anche essere onnipotenti non è una caratteristica che noi uomini possiamo avere o acquistare. Ho imparato che bisogna saper mettere la vita nelle mani del Signore, che tu puoi fare un pezzetto ma che tu sei solo uno strumento. Certo, la tua presenza è unica e importante ma non fondamentale, fondamentale e insostituibile è solo Lui.
Come si può esprimere ciò che quel popolo, quella comunità e parrocchia mi hanno insegnato non lo so. Io cerco solo di continuare a testimoniare ogni giorno con le mie azioni, con la serenità che mi porto dentro al cuore e che cerco di trasmettere agli altri. Cerco di testimoniare più e meno silenziosamente, Chi ho incontrato.
Prendo questi tre anni di vita universitaria come un secondo mandato missionario, per poi ritornare nella mia terra di missione e più arricchita, continuare a camminare con il popolo che mi ha accolta come una figlia e che con lui cresco ogni giorno nell’amore e nella fede.
Articolo pubblicato:
- nel numero di ottobre di NotiCum, pag 18, il mensile multimediale della Fondazione Cum;
Erica Canova
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Marco Squassoni
27/10/2016 | 20:49
Grazie Erica per questa tua testimonianza che fa nell\'amore e nell\'affidamento al Signore il suo cardine. Il Signore ti benedica e ti accompagnarti durante il cammino perchè tu possa vivere ogni giornata nella Sua pienezza
Dina Ranzato
19/10/2016 | 10:32
Cara Erica, grazie per la tua bella e intensa testimonianza vissuta in mezzo a questo popolo che davvero bisogna amare prima di tutto e soprattutto. Il nostro augurio? E' che tu possa realizzare in futuro ció che il Signore ti chiede. Un abbraccio, Dina, Elisa, Lucia, Franca, Raquel e as jovens tuas amigas!!!
maria rosa barison
18/10/2016 | 18:30
Complimenti Erica, una bella esperienza che fa onore a te e alla missione delle Suore Pastorelle di Pemba! La tua testimonianza sia di invito a tante altre giovani che desiderano donare tempo ed energie a fratelli e sorelle di altre culture e religioni.
giulietta ciacchini
16/10/2016 | 19:21
Che bello leggere la tua esperienza Erica.
il Signore ti mantenga il cuore aperto alle necessita' dei fratelli.
Giulietta, Pastorella, Bolivia.
felicina
16/10/2016 | 18:23
Grazie Erica per la tua testimonianza! Ti ricordo al Signore perché tu possa deciderti dopo lo studio e rispondere il tuo SI al Signore che senti così profondamente e nella gioia...anch'io avevo 18 anni e ora ne ho 75, ma il mio SI continua nella gioia di ogni giorno qui in Gabon! ciao sr Felix
Albina Bosio
15/10/2016 | 19:35
Erica
Bellissimo testimonio. Che il Signore ti benedica.